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Ricetta bianca elettronica: quali opportunità?

Con il nuovo anno le novità normative sono state tali e tante da incidere sulle normali attività operative del farmacista. Passando dalle novelle presentate con la legge di Bilancio del 2021 in materia di test sierologici, tamponi rapidi e vaccinazioni in farmacia riveste una significativa importanza la svolta inerente la ricetta bianca elettronica.

Tale provvedimento vede il coinvolgimento di tutti quei farmaci che presentano obbligo di prescrizione medica e che non sono erogabili a spese del Sistema Sanitario Nazionale. Questo intervento normativo, al pari di ogni terapia, così come ogni scossone, si auspica venga ben calibrato dal momento che le variabili in gioco sono sempre innumerevoli e possono tinteggiare scenari impensabili ed inusitati. Di primo acchito è entusiasmante pensare a come ciò possa rappresentare la trama sulla cui base poter intessere maglie che possano calzare a pennello tanto al paziente quanto alla Sanità italiana. Un contesto che potrebbe favorire ulteriori scenari di crescita (come, risulta esemplare la svolta della diagnostica capillare che confluirebbe nel contesto della Farmacia dei Servizi) come l’implementazione del Fascicolo Sanitario Elettronico attraverso il quale poter gestire la storia clinica e le condizioni fisiopatologiche del paziente potenziando il concetto di “terapia personalizzata” avendo accesso a finestre di condivisione, collaborazione e dialogo sempre più interattive. Una sinergia tra ricetta bianca elettronica ed FSE che, chissà, un giorno, potrebbe portare a veder ascritte al Farmacista, seppur minime, facoltà prescrittive come in altri Paesi Europei, quantomeno, per garantire la continuità delle terapie croniche. Una potenziale opportunità di crescita per il mondo dei farmacisti.

Se da un lato siamo legittimati a credere nel bello del nuovo, dall’altro siamo obbligati a considerare come un simile passo in avanti possa esercitare la propria inerzia a carico di altri aspetti. Viene, dunque, da pensare all’incidenza che l’e-commerce sta esercitando sul mercato farmaceutico: che la dispensazione subordinata all’ esistenza di una ricetta elettronica possa legittimare o, addirittura, facilitare la spedizione a seguito di un acquisto online del farmaco (assoggettato alla presentazione di ricetta medica)? Come si riverbererebbe il tutto sul mercato del lavoro e sui fatturati delle farmacie che vivono, tra l’altro, del “consiglio”? Avremmo minor esigenza di personale al banco? Un boomerang che potrebbe portare la farmacia a non intercettare delle esigenze del paziente che, entrando in farmacia, viene, quotidianamente, sottoposto, in maniera più o meno evidente, all’intervista da parte del professionista della salute che, ove necessario, saprà operare un consiglio mirato e, spesso, supplementare con, ovvia, incidenza sul fatturato. Quale credibilità avrebbe la dispensazione del farmaco se effettuata tramite un mero esercizio di commercio destituito del presupposto professionalizzante? Nella più rosea delle aspettative una riduzione delle opportunità di lavoro passando per un degrado professionale che, passando per la gestione delle operazioni di dispensazione da parte di personale non abilitato alla spedizione di ricette et similia per giungere ad un’ulteriore opportunità perché il capitale operi processi di selvaggia fagocitosi a danno di strutture indipendenti e di dimensioni più contenute rendendo la salute non più un diritto ma un bene di consumo.

Lungi da queste righe lo scoramento volto ai danni di un procedimento che, già nel caso sovrapponibile della REV, sembra aver dato ottimi frutti, coltiviamo l’anelito che, da un buon presupposto, non si giunga ad una deriva tenebrosa: eventualità che, lavorando per il bene comune , non dovrebbe essere complesso scongiurare in favore di un potenziale decisamente esaltante.

A cura di Giuseppe Ruggieri