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ONCOPREVENZIONE: il contributo del farmacista

Fare diagnosi precoce in oncologia vuol dire scoprire un tumore in uno stadio iniziale, quando ancora non ha dato origine a metastasi, il che, tradotto in benefici per il paziente, vuol dire interventi chirurgici più circoscritti, terapie più tollerate con cronicizzazione o risoluzione completa della patologia.

Il Sistema Sanitario Nazionale effettua gratuitamente programmi di screening per tumore al seno, al collo dell’utero e al colon retto. Essi permettono di individuare lesioni precancerose o tumori piccoli e asintomatici, di attuare la cosiddetta “prevenzione secondaria”.

Nel 2019, in Italia, 13 milioni di persone sono state invitate a aderire a campagne di screening. I test effettuati sono stati poco meno di 6 milioni. Molto può essere fatto per aumentare la partecipazione, divulgando l’importanza dell’adesione. Purtroppo, l’insorgenza della pandemia da Covid-19 ha portato alla sospensione temporanea delle attività di screening con una riduzione di circa il 30% degli inviti e di circa il 40% degli esami effettuati che, tradotto in numeri, vuol dire circa 8500 diagnosi in meno nel solo 2020. Ora più che mai è indispensabile recuperare il tempo perduto migliorando sia la risposta da parte della popolazione target, sia l’offerta da parte delle regioni.

I farmacisti, anche in questo campo, possono ricoprire un ruolo fondamentale per venir fuori dall’impasse indotto dallo stato emergenziale: possono contribuire a migliorare l’aderenza ai protocolli di prevenzione secondaria sensibilizzando gli aventi diritto a prendere parte al programma a loro dedicato, sia attraverso il dialogo col paziente – ricordiamo che il farmacista si è dimostrato essere il primo punto di riferimento del cittadino in ambito sanitario – sia mediante la partecipazione diretta allo screening del colon retto.

Dal 2019 infatti, a seguito di un protocollo d’intesa tra farmacie e ASL, nell’ambito della sperimentazione dei nuovi servizi della farmacia di comunità, in un numero sempre crescente di regioni, il cittadino di età compresa tra i 50 e i 69 anni è invitato ogni due anni tramite lettera a recarsi in farmacia a ritirare il kit per verificare la presenza di sangue occulto nelle feci. Il farmacista, adeguatamente formato, assegna la provetta e istruisce il cittadino alla corretta esecuzione, conservazione e riconsegna del kit. La prossimità e l’accessibilità del punto di distribuzione, il rapporto di fiducia con il farmacista, la facilità di esecuzione del test sono punti di forza del coinvolgimento delle farmacie in questo programma di screening.

Altri Paesi Europei che avevano già attuato tale procedura hanno ottenuto risultati molto incoraggianti. In Catalogna dal 2013 il numero di kit consegnati è aumentato del 430%, raggiungendo una partecipazione media vicina al 50% della popolazione target, con tasso di positività del 4,7% e indice di gradimento delle prestazioni dei farmacisti di 9,5/10. Nella contea di Kerry, Irlanda 2019, i tassi di ritorno del kit, a seguito dell’intervento della farmacia, sono stati del 74%, contro il 38% del tasso di rendimento nazionale.

Guardando sempre all’Europa, le potenzialità di intervento del farmacista nell’ambito della prevenzione primaria e secondaria aumentano:
Il farmacista vaccinatore, divenuto in Italia realtà a seguito della campagna vaccinale anti SARS-COV2, somministra in paesi come Danimarca, Portogallo e UK vaccini contro l’HBV e l’HPV, prevenendo il cancro al fegato e alla cervice uterina legati all’infezione virale;
• La teledermatologia in Italia sta prendendo piede più lentamente rispetto alle applicazioni cardiologiche della telemedicina, tuttavia ha un grande potenziale, come dimostra uno studio sulle farmacie norvegesi che effettuano il servizio di scansione dei nei. Nel solo 2014 il servizio ha identificato il 4,1% dei casi di melanoma registrati nel Registro Norvegese del Cancro. Il 99% degli intervistati ha valutato la propria soddisfazione complessiva come “buona”.

 

 

 

A cura di Stefania Agrimi