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L’intervista – Il Presidente Sunifar, Silvia Pagliacci

A un anno e sette mesi circa dalle elezioni della dott.ssa Silvia Pagliacci a presidente Sunifar, siamo andati a informarci sull’evoluzione delle proposte avanzate in campagna elettorale per le farmacie rurali, le associate a Federfarma più fragili. Forse non tutti sanno che le farmacie rurali in Italia sono oltre 6000 e che presidiano il territorio in zone più isolate o nelle isole, facendo della capillarità della farmacia italiana il vero simbolo della loro passione e professionalità. La legge che sancisce la classificazione tra farmacie urbane (situate in Comuni o centri abitati con popolazione superiore a 5.000 abitanti) e farmacie rurali (ubicate in Comuni, frazioni o centri abitati con popolazione non superiore a 5.000 abitanti) risale all’8 marzo 1968 ed è la numero 221.

 

Dott.ssa Pagliacci, sappiamo che al tavolo SISAC ci sono novità per l’indennità delle farmacie rurali; ce ne può parlare?

Il decreto legislativo 153 del 2009, quello sulla Farmacia dei servizi, tra le altre cose, ha demandato alla convenzione farmaceutica nazionale la definizione dei requisiti di ruralità ai fini dell’erogazione dell’indennità di residenza. Nell’atto di indirizzo delle Regioni, cioè la piattaforma di parte pubblica, era stata inserita la proposta di collegare il disagio al fatturato IVA, quindi unicamente a un criterio economico. Sappiamo che la ruralità non è solo una questione di difficoltà economica, ma una condizione di vita, un impegno che il professionista si assume per spirito di servizio, nonostante i disagi e le difficoltà logistiche, sociali e, ovviamente, anche economiche. Per questo motivo, con la nostra Commissione interna, abbiamo elaborato una proposta più articolata, che tiene conto di vari aspetti, la popolazione servita, la distanza dal capoluogo, i turni svolti, il fatturato SSN e IVA. Questa proposta è stata apprezzata e fatta propria dalla SISAC.

 

Ha mai pensato durante il suo impegno sindacale di diventare presidente Sunifar?

Diciamo che è un’idea maturata nel tempo, anche sulla spinta dei Colleghi che mi hanno invitato e incoraggiato a candidarmi per provare a rinnovare non solo la Federfarma, ma anche il Sunifar. Non si tratta dell’ambizione di fare carriera, ma della volontà, condivisa con un gruppo di Colleghi-Amici, di provare a trasferire a livello nazionale l’impegno sindacale portato avanti sul territorio, cambiando un’impostazione che, su alcuni temi importanti, dava l’impressione di essersi un po’ arenata. C’era bisogno di nuove energie e nuove idee, noi ci abbiamo messo la faccia e abbiamo fatto le nostre proposte.

 

Si è tanto parlato del fatto che le farmacie rurali siano penalizzate nel punteggio al concorso Monti: come si è risolto?

Il concorso Monti del 2012 è nato male, perché le norme di riferimento sono state scritte male, in fretta, senza tenere conto della complessità della situazione. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Le sedi sono state vinte in molti casi da soggetti che hanno molti titoli, ma non hanno mai lavorato in farmacia. I colleghi rurali, che dovevano essere tra i principali beneficiari dell’iniziativa, non hanno ottenuto i risultati sperati anche a seguito dell’interpretazione data al concetto di punteggio massimo che non ha consentito di valorizzare in modo adeguato l’anzianità di servizio di chi ha lavorato per anni in una situazione di grave disagio.

Abbiamo fatto tesoro di questa esperienza che ci siamo ritrovati a dover affrontare e, se, come auspichiamo, ci sarà la possibilità di rimettere in moto un meccanismo di assegnazione di nuove sedi, porteremo proposte scritte in modo chiaro, con il supporto di consulenti preparati e autorevoli, che diano ai rurali il riconoscimento che meritano.

 

L’indennità rurale e la revisione dei tetti di fatturato per lo sconto agevolato SSN sono stati i suoi primi punti in campagna elettorale, ci racconta le logiche che hanno accolto la proposta di aumentare i tetti, già a partire da quest’anno?

La proposta di aumentare i tetti di fatturato era stata avanzata già dai precedenti vertici di Federfarma e Sunifar, ma non era stata costruita in modo efficace. Gli emendamenti erano stati presentati nell’ambito di provvedimenti non idonei e senza raccogliere intorno a tale proposta tutto il consenso necessario. Da parte nostra, abbiamo agito in piena sintonia con la FOFI e il Ministero della salute e cercando il sostegno di tutti i gruppi parlamentari. La logica di fondo è stata quella di sottolineare il ruolo che le piccole farmacie hanno nel garantire la dispensazione di farmaci, ma anche di servizi e di campagne di prevenzione, nelle zone più disagiate del territorio, dove sono l’unico presidio sanitario presente. Non è stato posto l’accento solo sulla necessità di sostenere operatori sanitari in difficoltà, ma anche e soprattutto sull’esigenza di andare incontro ai bisogni della popolazione che vive nei tanti piccoli centri del nostro Paese, cioè di persone in gran parte anziane per le quali la farmacia è un punto di riferimento essenziale. Grazie all’opera di sensibilizzazione, nei primi mesi di lavoro, siamo riusciti a far approvare la proposta e farla entrare in vigore da gennaio 2018.

L’indennità di residenza è un’altra priorità alla quale stiamo lavorando sia in sede di rinnovo convenzionale, come abbiamo detto, sia in sede di rapporti con le singole Regioni. È assolutamente indispensabile adeguare gli importi previsti e fare sia che l’indennità sia veramente tale e non sia poco più di un’elemosina.

 

Dott.ssa Pagliacci, il metodo di calcolo dei limiti di fatturato ai fini degli sconti agevolati  è stato ormai recepito in modo univoco su tutto il territorio?

Questo è un tema estremamente attuale e caldo proprio in questi giorni. Il Governo ha presentato un emendamento alla legge di bilancio per dare uniformità alle interpretazioni adottate sul territorio. Nel fare questo non ha recepito le nostre richieste di escludere dal computo del fatturato tutte le voci escluse in base al parere del Ministero della salute del gennaio scorso. Devo però dire che ha accolto la richiesta, anche questa molto importante, di esentare dagli sconti al SSN le farmacie sia urbane che rurali con fatturato annuo SSN inferiore a 150.000 euro. È un altro segnale molto significativo di attenzione nei confronti del ruolo delle piccole farmacie. Stiamo ancora verificando se esiste la possibilità di escludere dal fatturato SSN voci come l’assistenza integrativa, che non ha a che fare con la dispensazione del farmaco ed è trattata in modo fortemente diversificato sul territorio. In ogni caso, facendo i conti rispetto al numero di farmacie che, a partire dall’innalzamento dei limiti di fatturato di gennaio 2018, hanno beneficiato delle agevolazioni sugli sconti, il saldo è nettamente positivo. Questo vuol dire che abbiamo agito bene nell’ottica di tutelare il maggior numero di colleghi che versano in una reale situazione di difficoltà.

 

La sostenibilità economica rappresenta indubbiamente un punto debole di certe realtà rurali, quali progetti pensa di mettere in atto per garantirla?

Al di là delle iniziative già realizzate, di cui abbiamo parlato, come l’innalzamento dei limiti di fatturato e dell’esenzione dagli sconti per le piccole farmacie, e di altre, come la polizza infortuni e malattia a favore dei titolari privi di collaboratori farmacisti, stiamo lavorando sul fronte del potenziamento dell’indennità di residenza e sull’inserimento delle farmacie nelle Strategie per le aree interne, cioè nelle aree distanti dai capoluoghi, per le quali sono previsti finanziamenti specifici. Ad oggi, solo 11 delle 72 Strategie prevedono il coinvolgimento delle farmacie: c’è quindi da lavorare per ribaltare questa proporzione. Anche il progetto Sistema Farmacia Italia consentirà di supportare le piccole farmacie, coinvolgendole nelle iniziative remunerate di pharmaceutical care e fornendo loro più efficaci strumenti per ottimizzare la gestione. Più in generale, è fondamentale che qualsiasi iniziativa portata avanti per supportare e rilanciare le farmacie abbia una declinazione rurale, preveda cioè condizione specifiche per le piccole farmacie. È un punto qualificante del nostro lavoro e su questo puntiamo molto per garantire la sostenibilità della farmacia rurale.

 

Si è appena concluso il DiaDay, ha dei dati di come è andato nelle farmacie rurali? Ha avuto risultati positivi?

I risultati sono stati positivi: questa seconda edizione ha visto 130.000 cittadini effettuare gratuitamente il test del diabete nelle farmacie aderenti. E anche questa volta la partecipazione dei colleghi rurali è stata significativa, a dimostrazione dell’importanza che iniziative come questa hanno soprattutto nelle aree lontane dai grandi centri urbani. C’è anche qualche nota dolente che riguarda tutte le farmacie. Purtroppo, un numero rilevante di titolari, pur avendo aderito, non ha effettuato nemmeno un test. Dobbiamo capire il perché e lavorare per superare tutte le difficoltà in vista delle prossime iniziative di prevenzione. In ogni caso, il ritorno in termini di immagine e di valorizzazione del ruolo professionale delle farmacie è altissimo.

 

Il farmacista rurale è sicuramente un punto di riferimento nei piccoli paesi, come pensate di continuare a difenderlo?

Al di là delle iniziative di supporto sul fronte economico, di cui abbiamo ampiamente parlato, stiamo lavorando a un progetto per costruire una rete territoriale che veda i sindaci dei piccoli comuni lavorare insieme alle farmacie e ai medici di medicina generale, anche con il sostegno delle organizzazioni dei cittadini, per creare un modello di assistenza territoriale che valorizzi il contributo della farmacia. La farmacia è un patrimonio della comunità e intorno a questa presenza professionale bisogna costruire un contesto favorevole che rimetta in moto lo sviluppo sociale, economico e demografico dei piccoli centri che, a loro volta, sono una ricchezza del nostro Paese. La farmacia può, anzi deve essere il fulcro di questo sviluppo.

 

Consiglierebbe a un giovane farmacista di acquistare una farmacia rurale?

La ruralità è una missione e quindi, se il giovane farmacista sente di avere questa vocazione, cioè ha lo spirito di servizio e l’abnegazione necessaria, senz’altro sì, glielo consiglierei. Fare il farmacista rurale è un’esperienza che ti forma come persona e come professionista. È però giusto che il farmacista rurale, dopo anni di servizio in condizioni di disagio, abbia la possibilità di migliorare la propria situazione. La ruralità è una missione, ma, soprattutto quella più disagiata, non deve diventare una prigione da cui è impossibile uscire.

 

Lei è sicuramente una professionista donna, punto di riferimento per tante colleghe, in questo mondo che comunque spesso segue ancora delle logiche più maschili: quale consiglio darebbe a chi vuole seguire il suo stesso percorso nel sindacato?

Molto spesso le donne, per affermarsi sul lavoro, tendono a fare l’uomo, cioè ad assumere le caratteristiche maschili, diventando anche più aggressive degli uomini stessi. Sono convinta, invece, che le donne, anche quando fanno carriera, debbano mantenere sempre le proprie caratteristiche di disponibilità, di capacità di ascolto e di farsi carico dei problemi degli altri, che sono vincenti nella vita e nella professione. In modo particolare, nella professione di farmacista queste doti sono fondamentali per farsi apprezzare dai nostri pazienti/utenti e stabilire un rapporto basato sul dialogo e sulla fiducia. Questo vale anche nel Sindacato, dove è fondamentale ascoltare le varie posizioni e farsi carico di situazioni difficili, mediando e trovando soluzioni condivise. Certo, una donna qualche volta deve alzare un po’ la voce per farsi sentire in un contesto ancora prevalentemente maschile. Quindi, alle colleghe che si vogliono impegnare nel sindacato consiglio di restare se stesse, ma anche di abituarsi ad essere meno arrendevoli perché per farsi ascoltare a volte bisogna imporsi e, soprattutto, farsi prendere sul serio dai colleghi maschi.

 

A cura di Redazione Open