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L’importanza dell’automonitoraggio della glicemia: tra presente e futuro

Il diabete mellito è una malattia che, secondo l’Oms, colpisce circa 450milioni di persone nel mondo, dato che potrebbe potenzialmente aumentare arrivando a 700milioni nel 2045. La patologia si distingue principalmente in diabete di tipo 1, che colpisce per lo più i bambini e in cui la distruzione delle cellule β pancreatiche porta all’insulino-deficienza, e di tipo 2, con incidenza maggiore negli adulti nei quali si sviluppa la resistenza all’insulina.

L’automonitoraggio è utile per identificare ed eventualmente trattare, calibrando la terapia, episodi di iper o di ipoglicemia, che si possono verificare in seguito all’assunzione di determinati cibi o medicinali o a uno sforzo fisico,
Da parecchi anni ormai sono disponibili i glucometri, dispositivi compatti che permettono ai pazienti di tenere costantemente sotto controllo l’andamento della propria patologia. I convenzionali glucometri utilizzano il metodo elettrochimico, che richiede una piccola quantità di sangue prelevato generalmente da un dito nel momento della misurazione, oppure da una lancetta impiantata nel corpo che permette un controllo continuo. Quest’ultimo metodo, approvato in Italia dalla Società Italiana di Diabetologia (SID) nel 2019, si divide in due sistemi: in tempo reale e a rilevazione intermittente, anche definita flash, che vengono sfruttate grazie a dispositivi piccoli quasi quanto una moneta, impiantanti sulla parte alta del braccio, nell’addome o sottocute e permettono la lettura su appositi ricevitori o tramite l’app di uno smartphone. Tuttavia entrambi i metodi possono risultare scomodi per il paziente, a causa principalmente del dolore che provocano le continue punture e delle potenziali infezioni che esse possono provocare: lo sviluppo di tecniche alternative rappresenta un fattore di miglioramento di vita per una fetta molto ampia di popolazione.

I metodi poco invasivi presuppongono l’analisi di fluidi corporei come le lacrime per misurare la glicemia attraverso una reazione enzimatica, mentre i metodi non-invasivi si basano sull’utilizzo di radiazioni. In particolare, si parla di metodi ottici, termici, elettrici e nanotecnologici. I primi comprendono tecniche che misurano la riflettanza, l’assorbimento e la dispersione della luce riflessa attraverso la camera anteriore dell’occhio. I metodi termici lavorano sugli indici fisiologici correlati alla generazione di calore metabolico proprio della molecola di glucosio. Due elettrodi posti sul derma possono generare una corrente elettrica a basso voltaggio per sfruttare le proprietà dielettriche del glucosio. Infine la nanotecnologia sebbene prometta bene presenta ancora alcune difficoltà dovute alla complessità delle misurazioni.

Nonostante da circa 30 anni vengano studiati i metodi poco e non-invasivi, e praticamente da allora siano stati lanciati sul mercato i primi device, essi non hanno avuto il successo sperato, a causa della scarsa accuratezza nelle analisi e della complessità nell’utilizzarli. Soprattutto i pazienti affetti da diabete di tipo 1 hanno bisogno di un monitoraggio continuo del livello di glucosio nel sangue, dunque necessitano di dispositivi molto precisi e funzionanti in modo continuo. Per questo motivo queste nuove tecnologie hanno bisogno di ulteriori studi prima che arrivino a soppiantare definitamente i glucometri invasivi, ma di sicuro il futuro, anche in questo settore, è dietro l’angolo.

 

A cura di Massimo Marengo

 

BIBLIOGRAFIA:

http://www.nbst.it/547-misurare-glicemia-senza-puntura-sensori-glicemici-diabete.html#

https://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=78043

https://www.utifar.it/index.php?id=59&itemid=166#:~:text=Le%20tecnologie%20per%20la %20misurazione,la%20polarizzazione%20e%20la%20fluorescenza.

Villena Gonzales W, Mobashsher AT, Abbosh A. The Progress of Glucose Monitoring-A Review of Invasive to Minimally and Non-Invasive Techniques, Devices and Sensors. Sensors (Basel). 2019 Feb 15;19(4):800