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Liberalizzazioni di turni e orari: è necessario rivederle?

In questi mesi con i rientri a scuola a la ripresa del lavoro a pieni ritmi ormai da tutti, si è acceso il dibattito sulla revisione della liberalizzazione di orari e di turni annunciato dal governo; cinque sono le proposte di legge, che per ora riguardano solo le attività commerciali, il cui esame è iniziato in commissione Attività produttive alla Camera.

Fu il governo Monti a introdurre la liberalizzazione totale dell’apertura dei negozi tramite il decreto “Salva Italia” entrato in vigore dal 1 gennaio 2012; il concetto di base era quello di rimuovere vincoli e restrizioni alla concorrenza in modo da creare condizioni per far ripartire il Paese. Tutto questo si era reso necessario proprio perché richiesto dall’Unione Europea come un possibile aiuto in più per riaprire i mercati, ma l’Italia si sa non è mai stata un Paese filo-americano sotto questo aspetto.

Secondo un’inchiesta pubblicata su Repubblica, Filcams Cgil di Milano, con dati alla mano della Camera del Lavoro, fa un bilancio negativo: le liberalizzazioni di orario e di giorni di apertura hanno portato a meno assunzioni con una situazione paradossa in cui le aziende hanno addirittura licenziato, peggiorando la condizione generale dei lavoratori. Sembra infatti che le aziende, per mantenere l’allungamento degli orari e le aperture domenicali, abbiano tagliato altri costi, come ad esempio i compensi per il lavoro domenicale, cancellando o rivedendo al ribasso i contratti integrativi grazie ai quali tale lavoro viene retribuito con una maggiorazione superiore a quella del 30%, come previsto dal contratto nazionale del commercio.

Le farmacie italiane cosa pensano al riguardo?

Il primo a esprimersi è il dottor Cossolo, presidente di Federfarma, che in un’intervista ha affermato: “è giunto forse il momento di ripensare le liberalizzazioni selvagge che, oltre a calpestare l’istituto della farmacia, hanno reso più difficile l’accesso al farmaco negli orari meno interessanti economicamente”.

Non si può certo non vedere come le liberalizzazioni degli orari, infatti,  hanno portato anche nel settore delle farmacie ad una sorta di “guerra a chi tiene più aperto”, provocando spesso un malcontento generale tra i colleghi dipendenti oltre a una stanchezza per l’orario di lavoro prolungato, che non permette di riposare in modo adeguato. Inoltre, in alcune situazioni le aperture non ragionate ma “imposte” perché magari i colleghi vicini hanno applicato tale decreto, hanno portato a una perdita in termini economici della farmacia stessa con un conseguente abbassamento dei ricavi e con un taglio dei costi fissi, che è ricaduto sul licenziamento del collega dipendente. Per ultimo bisogna anche fermarsi a fare una riflessione sui turni che le farmacie svolgono nelle varie zone, turni che sono organizzati di anno con anno in accordo con le Ats per coprire tutte le fasce di orario e dare un servizio efficiente al cittadino. La possibilità di aprire anche di notte in certe città o comunque di prolungare gli orari ha ribaltato tutti questi schemi così ben consolidati nel nostro Paese, creando situazioni in cui spesso il farmacista si trova a dover pagare un collega per coprire un turno semplicemente per dormire in farmacia, perché le persone sanno che alcune farmacie sono sempre aperte e quindi non cercano nemmeno la farmacia di turno più vicina.

Tutto questo può essere d’aiuto nell’ottica di un libero mercato e di stimolare la concorrenza?

Forse è giunto davvero il momento di fare delle riflessioni con dati alla mano e capire quanto c’è di sostenibile in un servizio simile e quanto può essere efficiente per il cittadino.

 

 A cura di Antonella Boldini