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L’epidemia del futuro post COVID-19 dovuta ai ritardi di screening e diagnostica delle malattie oncologiche

La Survey quantitativa condotta dall’ONS descrive la situazione delle varie Regioni in Italia per quanto concerne i programmi di screening organizzati e i ritardi nella diagnostica

L’epidemia ha colpito profondamente il nostro Sistema sanitario nazionale (SSN) al punto tale da dover riorganizzare l’assistenza primaria, territoriale e ospedaliera, potenziando le risorse e i posti letto delle specialistiche fondamentali per l’assistenza ai pazienti colpiti dal Coronavirus. Anche i Dipartimenti di prevenzione hanno dovuto architettare delle strategie di sanità pubblica volte al contenimento dell’epidemia di COVID-19.

Allo stesso tempo, su indicazione del Ministero della Salute, per soddisfare il potenziale incremento delle necessità di ricovero e di limitare i flussi di pazienti all’interno delle strutture, si è modificata completamente la modalità di offerta assistenziale, quindi le attività sanitarie ambulatoriali e di ricovero, per prestazioni garantite dal SSN, sono state suddivise in non procrastinabili, dunque erogate in sicurezza con le consuete tempistiche di riferimento come da Piano nazionale di gestione delle liste d’attesa, PNGLA 2019-2021 e procrastinabili, ovvero sospese e da riprogrammare successivamente per garantire il contenimento del contagio e salvaguardare la salute dei cittadini.

La sospensione delle prestazioni di screening di primo livello in Italia si è verificato principalmente nei mesi di Marzo e Aprile 2020 su tutto il territorio nazionale, a partire da Maggio i programmi di screening sono stati riattivati, ma con tempistiche, intensità e modalità diverse fra le Regioni. Per i tumori oggetto di prevenzione secondaria, come quello del colon retto, cervice uterina e mammella, è noto che la diagnosi precoce si associa a una riduzione della mortalità, e che gli outcome clinici sono largamente dipendenti da una tempestiva gestione multidisciplinare del caso. Per il tumore colonrettale, per esempio, vi sono evidenze che il tempo intercorrente tra un riscontro di positività al test del sangue occulto fecale ( faecal immunochemical test, FIT) e l’effettuazione della colonscopia sia cruciale nel determinare possibili avanzamenti di stadio alla diagnosi. Il tema del rischio connesso al differimento delle diagnosi precoci di tumore a causa del COVID-19 e della presa in carico dei soggetti con test positivo è divenuto recentemente oggetto di attenzione da parte del mondo scientifico. L’Osservatorio nazionale screening (ONS), network di centri regionali per il monitoraggio dei programmi di screening, per il miglioramento continuo della qualità e per la formazione specifica, ha seguito il processo con varie azioni:  incontri periodici con tutti i referenti regionali di screening; stesura di un documento di indirizzo sul riavvio dei programmi di prevenzione; promozione di un dibattito su nuove modalità organizzative da inserire  a seguito dell’emergenza sanitaria; conduzione di una survey qualitativa per conoscere le modalità organizzative della ripartenza in ogni Regione;  conduzione di una survey quantitativa per misurare il ritardo accumulato e la velocità di ripartenza. I risultati della survey quantitativa, aggiornata al mese di Maggio 2020, ha lo scopo di descrivere l’attuale situazione nelle diverse Regioni italiane in termini di andamento dei programmi di screening e fornire stime delle diagnosi di lesioni maligne o pre-maligne che, a causa del rallentamento delle attività di screening, subiranno un ritardo diagnostico. I dati sono relativi ai test effettuati nella popolazione target per lo screening dei tumori della mammella (donne 50-69 anni), della cervice uterina (donne 25-64 anni) e del colon retto (donne e uomini 50-69 anni). Hanno aderito 20 Regioni/PA su 21 e nei mesi Gennaio-Maggio 2020 dove i test di screening effettuati in meno rispetto allo stesso periodo del 2019 sono stati 472.389 (pari al 53,8%) per lo screening mammografico, 585.287 (pari al 54,9%) per lo screening colorettale e 371.273 (pari al 55,3%) per lo screening cervicale, con un ritardo medio di 2,8 mesi standard, rispettivamente.   Il numero stimato di lesioni non diagnosticate è di 2.201 carcinomi mammari, 645 carcinomi colorettali, 3.890 adenomi avanzati del colon retto e 1.497 (IC95% 1.413-1.586) lesioni CIN2 o più gravi.

I dati oggetto di questa survey forniscono una prima indicazione quantitativa dei ritardi che si stanno accumulando nei programmi di screening oncologici in Italia. Il numero degli esami effettuati in meno rispetto all’anno precedente è rilevante in quanto la riduzione è di quasi un milione e mezzo di esami di screening (precisamente 1.428.949), con variazioni anche molto consistenti tra una Regione e l’altra.

Un’indagine qualitativa, dati non riportati dell’ONS ha messo in evidenza che in molti programmi, in particolare per gli screening mammografico e cervicale, la frequenza con cui sono stati attribuiti gli inviti/appuntamenti di primo e di secondo livello è stata ridotta del 30%-50%, in assenza di misure volte a garantire un aumento dell’offerta di esami, il ritardo tenderà ad aumentare con un peggioramento dell’impatto sulla salute. Dalla stessa è emerso che in molte Regioni sono state anche sperimentate nuove modalità di comunicazione con l’utenza (SMS, convocazione telefonica dell’utenza all’appuntamento) o di erogazione delle prestazioni e sarà interessante, in seguito, valutarne l’impatto in termini di gradimento e adesione allo screening. Un importante sforzo sarà necessario fare per quelle realtà, soprattutto meridionali, in cui già prima della pandemia queste attività di prevenzione non erano garantite in maniera omogenea a tutta la popolazione avente diritto. Il ritardo maturato dagli screening di popolazione potrebbe portare ad usufruire di prestazioni al di fuori del circuito di offerta pubblica, presso strutture convenzionate o private. Un contributo alla decisione su come recuperare i ritardi dovrà, inoltre, essere garantito dagli stessi programmi di screening, che dovranno cogliere questa emergenza sanitaria come una opportunità di rinnovamento, in particolare per quanto riguarda l’introduzione di nuove modalità e di tecnologie evidence-based (per esempio, all’interno dell’ONS è stata discussa l’introduzione di una tecnologia di provata efficacia come il dispositivo per l’autoprelievo per il test HPV per lo screening cervicale, sia utilizzando modalità di distribuzione alternative all’invio postale, quali le farmacie, sia proponendolo attraverso i medici di medicina generale o come offerta contestuale alla mammografia di screening).

In questo senso, potrebbe essere interessante uno specifico approfondimento, per esempio, mediante una survey ad hoc o una valutazione dei flussi di prestazioni ambulatoriali e sarà necessario sensibilizzare la popolazione sull’importanza di aderire agli screening, che dovranno essere erogati in piena sicurezza sia per gli utenti sia per gli operatori. La gestione dei pericoli e dei rischi in situazioni di alta complessità, incertezza e ambiguità richiede che le misure adottate da parte dei decisori di salute pubblica includano anche una comunicazione adeguata e di coinvolgimento attivo di tutti gli stakeholder.

 

A cura di Maria Francesca Gallo