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Le proposte lavorative di un farmacista: intervista alla dott.ssa Michela Soardi e il mondo universitario e della ricerca

Quando si finisce l’università spesso ci si dimentica di tutto quel mondo fatto di studio, di ricerca, di scoperta di nuove nozioni e ci si vuole catapultare subito nel mondo “pratico” del lavoro, certi che ormai l’università ci abbia preparati e non abbia più nulla da insegnarci.. ma non è così per tutti. In questa sezione conosceremo una collega giovanissima, la dottoressa Michela Soardi, che è strettamente collegata al mondo universitario e della ricerca e che ci farà capire quanto sia importante e promettente anche un percorso lavorativo di questo tipo per un giovane farmacista.

 

Dott.ssa Soardi, qual è il suo percorso universitario e come ha deciso di interessarsi alla ricerca?

Il mio percorso universitario è iniziato nel 2010 con l’iscrizione alla facoltà di Farmacia dell’università di Padova. Ho ottenuto la laurea con lode nel 2015. La tesi sperimentale trattava di un tipo di distrofia muscolare chiamata “sarcoglicanopatia”, una malattia genetica rara che comporta una destrutturazione della fibra muscolare, a causa della mancanza o riduzione di proteine chiamate sarcoglicani. L’idea di fondo, per trattare questa rara patologia, è nata  considerando un’altra malattia genetica: la fibrosi cistica. Nonostante la grande diversità fra le due patologie, esse condividono la difficoltà delle proteine mutate di raggiungere la loro corretta conformazione. Sfruttando i farmaci correttori del canale della fibrosi cistica, analizzando biopsie di muscolo di pazienti affetti da sarcoglicanopatia, abbiamo constatato che i sarcoglicani venivano correttamente ripiegati e tornavano ad essere funzionali; considerato i promettenti risultati in vitro riguardanti la valutazione di efficacia e tollerabilità di questi composti in vivo mi sono addentrata sempre di più in questo campo appassionandomi con lo scopo di generare un modello animale che mimasse la patologia umana, in cui poter testare questi composti, per poter così avvicinarmi il più possibile alla clinica.

Dopo la tesi ho scelto quindi di continuare il progetto, vincendo nello stesso anno un posto al bando per il dottorato di ricerca in Biomedical Science.

 E’ stata una passione maturata negli anni di studi quella per la ricerca?

La ricerca mi ha sempre appassionato, fin dai giochi da bambina con il piccolo chimico, poi il percorso universitario e alcuni stage intrapresi in aziende come Aptuit, mi hanno aiutato a capire come nutrissi alla base una inclinazione vera e propria per questo settore. Decisiva è stata la conoscenza e ormai sincera amicizia che mi lega alla mia Supervisor, la prof.ssa Dorianna Sandonà, che ha incanalato questa mia passione, offrendomi i mezzi e le possibilità di incrementare le mie conoscenze e legarle anche ad un settore diverso da quello iniziale.

Adesso dottoressa Soardi sta concludendo il dottorato con una tesi “Zebrafish as model organism to study Sarcoglycanophaty”, pensa che poi le piacerebbe proseguire nel mondo universitario o vorrebbe anche fare un’esperienza lavorativa in farmacia?

Questo progetto, di cui oggi abbiamo il brevetto Italiano, Americano e quello Europeo in approvazione, mi ha da sempre appassionato molto. E’ una continua scoperta, giorno dopo giorno, con molti imprevisti, che ci spingono sempre a ricercare nuove soluzioni, tante difficoltà e sacrifici, ma anche immense gioie quando finalmente si arriva al risultato cercato. Questa dinamicità porta a mettersi in gioco, confrontandosi e crescendo. Certamente anche l’esperienza della gestione di una farmacia mi ha sempre attratta. Dai ricordi del primo tirocinio, oggi si caratterizza per una sempre maggiore versatilità e dinamicità, è un settore in continua crescita, tesa a promuovere sempre più un’attenzione mirata al paziente, una presa in carico che lo possa guidare ad uno stato di salute, che credo viaggi su un livello di importanza analogo a quello della sola cura dello stesso, grazie a nuovi servizi e ad una settorializzazione che promuove fra gli stessi farmacisti conoscenze sempre più mirate.

Dott.ssa Soardi percepisce una borsa di studio? E’ facile secondo lei per un giovane farmacista che vuole fare ricerca ricevere una borsa di studio?

Avendo vinto il bando di ateneo percepisco la borsa di studio di dottorato. I posti sono limitati e certamente lo studio ed il lavoro alla base della partecipazione al concorso non sono banali, anzi direi che sono sicuramente molto impegnativi. Ritengo che la cosa più rilevante sia comunque la motivazione dello studente. Da ciò che ho visto in questa prima parte del mio percorso accademico, la voglia e l’impegno assiduo per riuscire a raggiungere un obbiettivo viene il più delle volte premiata, e personalmente sono fiera di essere riuscita ad ottenere questa borsa di studio e soprattutto di portare avanti questo innovativo progetto.

Pensa sia più avvantaggiato un giovane collega che fa ricerca all’Estero rispetto all’Italia? Lei andrebbe in Europa a fare ricerca?

Un percorso di studio all’estero velocizza generalmente le tempistiche per una carriera universitaria grazie ad un maggior numero di bandi e fondi disponibili per progetti di ricerca. È naturale che la ricerca presupponga un continuo contatto con gli altri paesi, proprio per promuovere una conoscenza a 360°, un aggiornamento ed informazione che possono essere sfruttati, da un lato, per migliorare i propri progetti, dall’altro trovare ispirazioni per nuove idee. Personalmente ho partecipato a meeting e corsi di formazione all’estero, ma mi piacerebbe continuare questo specifico progetto e farlo nel nostro paese, promuovendo la ricerca qui in Italia. Ho avuto più volte riprova infatti che, sebbene non molti, anche nel nostro paese si possono ottenere fondi che permettono di progredire nei risultati e realizzare pubblicazioni che promuovono e motivano ulteriori investimenti per la ricerca e fondi per i giovani ricercatori. Sperando quindi in un possibile circolo virtuoso ed in un po’ di fortuna, credo si possa continuare questa strada anche in Italia, fiduciosa che venga sempre più incentivata.

Secondo lei, perché un giovane farmacista dovrebbe approcciarsi al mondo della ricerca e seguire questa strada?

Nonostante la lunga strada necessaria per ottenere risultati, la ricerca è un settore che dà moltissime soddisfazioni. La crescita personale che mi ha permesso di avere, grazie ad una visione più internazionale, le capacità di relazione con altri colleghi, il concetto di team e la profonda amicizia nata in esso, nonché i risultati ottenuti, sono di certo alla base della voglia di arrivare in laboratorio sempre col sorriso sulle labbra.

Lei lo consiglierebbe come percorso lavorativo? Per quale motivo?

Uno dei motivi più forti che ci avvicinano alla scienza e al suo studio penso  sia la curiosità e l’ambiente stesso della ricerca, che è estremamente stimolante e ogni giorno ricco di nuove sfide, imprevisti, conoscenze fino ad arrivare alle scoperte vere e proprie; per dirla citando uno dei più grandi scienziati mai esistiti: “Se sapessimo (esattamente) quel che stiamo facendo, non si chiamerebbe ricerca” (A.Einstein).

 

A cura di Antonella Boldini