L’attenzione per la salute digitale e al mondo della “mobile health” è in continuo aumento: lo dimostra la nascita della “Associazione Scientifica per la Sanità Digitale” (Assd) costituita da associazioni di categoria che tra le proprie finalità hanno quella di supportare i professionisti della salute “nell’avvio e nel perfezionamento di percorsi di sanità digitale e di innovazione delle modalità di cura”.
Il processo di digitalizzazione del settore sanitario abbraccia soluzioni digitali direttamente correlate alle attività di primo soccorso e di accesso alle cure, alla corretta e buona alimentazione, al fitness e al benessere. Questo scenario che sancisce l’incontro tra mondo digitale e sanitario, negli ultimi due anni ha vissuto una evoluzione molto celere con una stima di investimenti di 6,1 miliardi di euro; la maggior parte delle organizzazioni sanitarie globali vuole continuare ad investire non solo per raccogliere dati a distanza su malattie, ma anche e soprattutto avviare attività di prevenzione. Secondo la società di ricerca americana Grand View, nel 2025 il valore della “Mobile Health” supererà i 100 miliardi di dollari, con un tasso di crescita di oltre il 44% l’anno.
I “giganti” della tecnologia, come ad esempio Apple, sono al lavoro per sviluppare soluzioni per la medicina preventiva, così come è risaputo che ultimamente anche Amazon è entrato ad occuparsi di forniture per ospedali, e che ad oggi sono già migliaia le applicazioni per smartphones disponibili, gratuite o a pagamento, per aiutarci ad avere uno stile di vita più sano. Braccialetti supertecnologici tracciano le nostre attività quotidiane, persino mentre dormiamo, ci spronano a mantenere uno stile di vita sano e attivo, ci ricordano di prendere un farmaco, aiutano i malati cronici a monitorarsi in autonomia. Le app per la salute vengono utilizzate anche nella raccolta di dati sui pazienti affetti da specifiche patologie e permettono a tali persone di rimanere in contatto, di creare una sorta di community legata a quella malattia, sviluppando il confronto sulla sintomatologia e le terapie adottate. Non solo i pazienti sono agevolati con l’utilizzo di tali app, ma anche gli stessi professionisti sanitari: possono, infatti, creare banche dati con informazioni utili per portare avanti studi fondati e ricavati dai pazienti stessi, o ancora avere sotto controllo il diario elettronico della persona con la possibilità di monitorare in tempo reale determinati parametri di salute del paziente stesso.
La rivoluzione digitale ha portato nel mondo sanitario un’inedita raccolta di informazioni, i cosiddetti big data, perché permette di entrare nella vita quotidiana delle persone anche dopo la vendita stessa del prodotto; grazie infatti al fatto che il prodotto è connesso e può raccogliere e trasmettere dati, chi riceve e raccoglie tali informazioni non perde mai veramente il possesso del prodotto e in più ottiene notizie sulla relazione che si genera tra il prodotto e il consumatore. Se prendiamo ad esempio la digitalizzazione dei servizi che sono connessi ai farmaci è chiaro come attraverso tali dati riusciamo a risalire al modo in cui i pazienti utilizzano i farmaci e di conseguenza all’aderenza alla terapia oltre che allo stato di salute stesso della persona; questo è fondamentale se si riflette sul fatto che il PGEU (Gruppo Farmaceutico dell’Unione Europea) ha stimato che l’incapacità dei pazienti a seguire le prescrizioni farmacologiche ogni anno in Europa porta alla morte di 194mila persone. Non dimentichiamo, inoltre, che poter agevolare l’assunzione corretta del farmaco al momento giusto ad una sola persona non porta vantaggio solamente alla salute del singolo, ma a quella dell’intero sistema, in un’ottica di sostenibilità stessa del servizio sanitario.
Stare bene con i devices può essere dunque possibile oltre che auspicabile.
In questo panorama digitale, che ci lascia immaginare una salute alla portata di smartphone, è impensabile non regolamentare il settore, poiché il mercato della digital healthcare cresce ad una velocità sorprendente; Jeremy Wyatt – professore ordinario di eHealth Research all’Università di Leeds nonché Clinical Adviser on New Technologies del Royal College of Physicians di Londra – ha ammesso il ruolo lodevole delle app, che potrebbero migliorare i servizi di assistenza sanitaria riducendone la spesa, ma nello stesso tempo ha posto l’attenzione sulla resa approssimativa di alcune applicazioni sviluppate per la diagnosi preventiva di patologie cardiovascolari o di tumori come i melanomi: l’accuratezza infatti può variare dal 98% al 6%. Anche una ricerca universitaria greco-spagnola ha rivelato che l’80% delle applicazioni più popolari per sistema operativo Android non soddisfa molti dei requisiti minimi di sicurezza e privacy, perché la metà delle app condivide i dati personali con terzi. Per tutti questi motivi gli esperti del settore sostengono la necessità di una regolamentazione ad hoc che disponga anche di normative sulla privacy e sulla protezione dei dati, soprattutto dopo quanto è emerso nel 2014 dalla Consultazione pubblica organizzata per mano della Commissione Ue.
Si fa dunque sentire con urgenza la necessità di introdurre un codice di condotta su misura anche per questo mercato digital healthcare, che di fatto dovrebbe essere emesso a breve per supportare il sistema di tutela dei dati sensibili, già predisposto con il nuovo codice della Privacy europeo; “ma la capacità intellettuale di discernere ciò che è vero, ciò che è buono da tutto ciò che non lo sia rimane una capacità propria dell’individuo e di difesa.
E’ imprescindibile la capacità di analisi che spetta al singolo nell’immenso mercato di possibilità e scelte che oggi il web mette a disposizione.” Guy Kawasaki
A cura di Giulia Panzarella