Mai quanto nell’era Covid, la “nostra” farmacia ha vissuto la (apparente) dicotomia che la caratterizza negli ultimi anni: indispensabile presidio sanitario, ma anche azienda nel settore salute.
Necessario interprete di queste facce della stessa medaglia è il farmacista, professionista del farmaco, ma anche imprenditore che vive sulla propria pelle la necessità di far quadrare i numeri.
Per far questo, bisogna necessariamente passare attraverso l’analisi dei dati: questi risultano monolitici nel delineare la farmacia quale indiscutibile snodo della dispensazione della salute a livello macro sul territorio, mentre risultano più difficili da interpretare in scala micro, relativamente al cambiamento dei bisogni e quindi dei consumi da parte del paziente/cliente.
A livello macro, consideriamo la distribuzione dei flussi sia tra farmacie territoriali di varia natura ma anche relativa a competitor più ampi, quali GDO ed online.
In controtendenza ai numeri della farmacia territoriale, i dati forniti da pharmaretail riguardo una nota piattaforma online, parlano di un +76% in termini di ricavi nel secondo trimestre dell’anno in corso, accompagnati da un +104% di visitatori, assimilabili agli “ingressi” di una farmacia.
Dato verosimilmente influenzato dalla maggiore percezione di sicurezza nel non recarsi fisicamente nel punto vendita. Tuttavia, i dati europei evidenziati nell’Health Report 2020, certificano come 4 pazienti su 5 preferiscano acquistare direttamente dalla farmacia di fiducia, sfruttandone la consulenza, mentre solo il 7% del campione si è affidato totalmente all’online.
La GDO invece non ha sfruttato il calo generale di vendite in farmacia dei prodotti per la cura della persona, registrando anzi un -53%. Essa ha invece registrato una crescita nel settore parafarmaco, ma tuttavia la farmacia anche in questo ambito, secondo i dati di federsalus, rappresenta ben l’84% del mercato complessivo.
A livello micro, ci riferiamo ad un’analisi dei trend che hanno influenzato i risultati dei vari settori merceologici all’interno della farmacia stessa. Delineare l’andamento generale può sicuramente aiutare anche su scala territoriale una corretta interpretazione degli stessi.
C’è da registrare innanzitutto un trend comportamentale del consumatore, ovvero la tendenza a convogliare gli acquisti il più possibile in un punto vendita, prestando attenzione alle misure adottate dal presidio stesso come fa notare la società di ricerca IRI.
Alla luce di ciò i dati di NewLine, confrontati con lo stesso periodo dello scorso anno, ci dicono come nei mesi di Fase 1, ovvero marzo ed aprile, sia stato registrato un sostanziale calo degli ingressi, rispettivamente -12% e -20%. Parlando in termini di valore, marzo ha visto un +5% di fatturato generale, trainato dall’etico (+6%) e dal commerciale (+3,5%) per il fenomeno “scorta”, mentre il mese di aprile ci racconta di un crollo del fatturato (-8,7%), rispecchiato da etico (-10%) e commerciale (-7%). Note dolenti cosmesi (fino a -20%) ed automedicazione (-14%), tralasciamo ovviamente l’ambito DPI che, non avendo uno storico assimilabile, non può far statistica.
Il mese di maggio, inizio di fase 2, segna ancora un -16% in termini di fatturato ed un -20% di ingressi. Pesano il -19% dell’etico ed il -11% del commerciale, in controtendenza la sola veterinaria che schizza al +19%. Timida ripresa a giugno in termini di fatturato (-6,5%) e di ingressi (-11%), con etico e commerciale che si attestano rispettivamente a -4% e -9%.
Queste sono medie sul territorio nazionale ma alcuni studi pilota su specifiche regioni, testimoniano come le farmacie “residenziali” abbiano retto l’impatto del Covid in termini di ingressi e volumi, a differenza, purtroppo, delle farmacie prettamente turistiche ed al centro delle grandi città che, risentendo anche della chiusura degli uffici, hanno registrato un calo tra il 40 e l’80% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, in particolare tra marzo ed aprile.
Vero baluardo etico è risultata la farmacia rurale, che ha vissuto un ruolo decisivo durante la fase 1, dato che la pandemia ha fatto registrare, secondo uno studio condotto da IRI con l’Università Cattolica, la tendenza a rivolgersi ad esercizi di prossimità per il 27,6% dei consumatori, al fine di ridurre gli spostamenti. Questo, assieme alla ricerca dell’acquisto personalizzato, rappresenta un’ottima opportunità di fidelizzazione ed invita a non fare eccessiva leva sul marketing, vista la ridotta attenzione al prezzo negli esercizi di prossimità.
A cura di F. F. Russo
Sitografia