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Coscienza ecologica e fotoprotezione

Justin Hofman, biologo marino e fotoreporter, è diventato famoso per la foto “Sewage Surfer”, in cui in cavalluccio marino aggancia un cotton fioc anziché un’alga. Si tratta di un’immagine emblematica di come i rifiuti e la plastica contaminino gli ecosistemi marini. D’estate, inoltre, si aggiungono altri tipi di inquinanti, meno evidenti, ma altrettanto dannosi, che possono modificare l’ambiente marino: i prodotti solari e i loro ingredienti. Formulare prodotti efficaci come scudo per la nostra pelle e allo stesso tempo ecocompatibili, in grado di tutelare il più possibile flora e fauna marina è diventata una sfida importante.

I danni all’ambiente

Le quantità di filtri solari disperse in mare sono a dir poco allarmanti, così come il loro effetto sugli ecosistemi. Uno studio ha evidenziato gli effetti contaminanti che il filtro Benzophenone-3 ha sullo sbiancamento dei coralli. Si evidenzia che questo filtro solare “rappresenta un pericolo per la conservazione della barriera corallina e minaccia la resilienza dei coralli ai cambiamenti climatici”. Queste disastrose conseguenze hanno portato diversi paradisi tropicali a vietare l’uso di creme solari chimiche all’interno delle aree marine protette.

I filtri solari, i principali componenti dei solari, seppur proteggono la pelle dalle radiazioni solari, sono uno delle prime cause di inquinamento ambientale, presentando, quindi, problemi di sostenibilità ambientale. I filtri UV possono essere di due tipi:

  • Filtri fisici (detti anche filtri minerali o inorganici): sono ossido di zinco e di titanio, formulati in nanoparticelle per migliorare la texture della crema. Hanno una protezione efficace sia sui raggi UVA che UVB; L’azione protettiva si attiva appena viene applicata sulla pelle; Non sono tossici per l’ecosistema marino. Lo svantaggio è che vanno riapplicati dopo ogni bagno e possono lasciare una patina bianca.
  • Filtri chimici (detti anche organici): appartengono sostanze di varia natura chimica come acidi aminobenzoici, non ammessi in EU, salicilati, terpeni, derivati del benzilimidazolo, dell’acido cinnamico e del benzofenone. Si assorbono velocemente e sono idratanti, sono una protezione sicura contro i raggi solari, ma la protezione si attiva dopo circa 20-30 minuti e sono pericolosi per l’ecosistema marino.

Grazie all’INCI (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients), ogni cosmetico possiede un’etichetta parlante per verificare tutti gli ingredienti contenuti nella sua formulazione. È preferibile quindi scegliere le creme che contengono filtri fisici (minerali) che hanno numerosi benefici e vantaggi non solo per la protezione della pelle, ma anche dell’ecosistema marino.

Domanda e offerta consapevole

Vista la complessità dell’ecosistema marino e il surriscaldamento delle acque che non favorisce processi di adattamento graduale all’impatto dell’uomo sull’ambiente, è importante prendere coscienza che l’uso delle protezioni solari deve essere un uso consapevole per i consumatori.      Per scegliere la migliore protezione solare sostenibile è sempre buona norma verificare il materiale con cui è realizzata la confezione della protezione solare, scegliendo packaging plastic free realizzati con materiali compostabili, 100% riciclabili oppure in contenitori ricaricabili.

 Prendere atto del “problema ambientale” significa iniziare a prestare attenzione alla qualità dei prodotti offerti nelle nostre farmacie, sia come venditori che come consumatori.

Il farmacista ha le competenze per sensibilizzare il consumatore ad una coscienza ecologica, ad una scelta consapevole del solare e ad il suo uso corretto, per il bene della pelle ma anche per la salute del pianeta e dei suoi abitanti

 

BIBLIOGRAFIA

 A cura di Stefania Agrimi e Maria Luisa Casella