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Novel Food

Sulle nostre tavole arrivano di continuo cibi nuovi. I fattori di spinta di tutto ciò risiedono nella crescente globalizzazione, nella diversità etnica e nella ricerca di nuove fonti di sostanze nutritive. La nozione di “nuovi alimenti” non è, dunque, una novità. Nel corso della storia nuovi ingredienti alimentari e/o nuove modalità di produzione degli alimenti hanno fatto il loro ingresso in Europa da tutti gli angoli del globo: banane, pomodori, frutti tropicali, mais e spezie sono ormai di uso comune mentre tra gli ultimi arrivati ricordiamo semi di chia, alimenti a base di alghe, il frutto del baobab e l’alchechengio peruviano o ribes del Capo.

Dal regolamento sui “Novel Food” entrato in vigore il 25 novembre 2015 sono trascorsi due anni abbondanti, tempo necessario ai Paesi membri per recepire le direttive della Comunità europea e disporre le norme attuative che hanno come obiettivo la libera circolazione di nutrimenti sconosciuti alla tradizione occidentale prima del 15 maggio 1997, garantendo la salute del consumatore e tutelando il suo interesse.

Quali sono gli alimenti interessati?

Ai sensi del Reg. 258/97, i “novel food” devono ricadere in una delle seguenti categorie:

  • prodotti o ingredienti alimentari con una struttura molecolare primaria nuova o volutamente modificata prodotti o ingredienti alimentari costituiti o isolati a partire da microrganismi, funghi o alghe
  • prodotti o ingredienti alimentari costituiti da vegetali o isolati a partire da vegetali e ingredienti alimentari isolati a partire da animali
  • prodotti e ingredienti alimentari sottoposti ad un processo di produzione non generalmente utilizzato, che comporta nella composizione o nella struttura dei prodotti o degli ingredienti alimentari cambiamenti significativi del valore nutritivo, del loro metabolismo o del tenore di sostanze indesiderabili.

Tutti i prodotti appartenenti alle differenti categorie, per essere immessi nel mercato, devono soddisfare i medesimi criteri:

non devono essere rischiosi per il consumatore non devono indurre in errore il consumatore;

non devono differire da quegli alimenti a cui sono destinati come sostituzione così da non comportare svantaggi nutrizionali.

Sarà dunque possibile anche in Europa produrre e vendere insetti interi di ogni genere (millepiedi, tarantole, vermi giganti, bachi da seta, farfalle, cimici d’acqua, scorpioni, scarabei, grilli e altri) riuniti sotto la dicitura di Novel Food. Inoltre si potranno acquistare prodotti che contengono insetti nel preparato per esempio sotto forma di farine.

Secondo quanto emerso l’Italia non sarebbe ancora pronta soprattutto per la messa in pratica della nuova normativa, infatti ci sono diversi problemi da affrontare, in primis la salute dei consumatori e la sicurezza alimentare di questi nuovi cibi che dovranno essere super controllati dato che, nella maggior parte dei casi, arriveranno da paesi come Cina e Thailandia non proprio in cima alle classifiche per quanto riguarda l’igiene e la trasparenza delle filiere alimentari. A spingere verso il consumo di insetti è da qualche anno la Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, considerato che nel mondo già quasi duemila specie di insetti sono considerate commestibili e vengono consumate da almeno due miliardi di persone.

Coleotteri, lepidotteri (bruchi), api, vespe, formiche, cavallette, locuste, grilli, cicale, cicaline, cocciniglie, cimici, termiti, libellule, mosche.

La Fao ha promosso l’iniziativa dichiarando che si tratterebbe di una soluzione che fornisce molte proteine, economica e sostenibile a livello ambientale più di altre. Un’opportunità dunque per sfamare le persone di tutto il mondo.

Considerazioni nutrizionali

Un importante punto di partenza per poter considerare l’uso di insetti nell’alimentazione umana è la loro digeribilità. Questo problema interessa le forme adulte in quanto incluse in uno spesso esoscheletro di chitina. Il gene che codifica per un enzima con attività chitinolitica è conservato in popolazioni sub- sahariane, mentre è soggetto a polimorfismi inattivi nelle popolazioni caucasiche. Molti insetti rappresentano un cibo con elevate percentuali di grassi, specialmente le forme larvali. Praticamente tutte le specie di insetti hanno valori superiori a quelli dei cibi più comuni, solo la carne di maiale ne possiede un quantitativo maggiore a causa dell’alto tenore lipidico. Tutti gli alimenti a base di insetti analizzati sono fonti significative di acido linoleico e alfa linolenico (acidi grassipolinsaturi). Per quanto riguarda il colesterolo gli insetti presentano una caratteristica importante: non sono in grado di sintetizzare steroli.

Osservando le percentuali proteiche presenti nel mondo degli insetti e confrontandole con alimenti nobili universalmente riconosciuti come apportatori di proteina, ci si accorge che questo è sicuramente un argomento da approfondire. Si riportano per il bruco del Mopane una digeribilità proteica del 85,8% e un’assimilabilità del 78,8% ed un utilizzo netto del 67,8%; inferiore a quello delle uova (93,5%) e simile a quello della soia (61%). I dati relativi al contenuto in fibra degli insetti sono scarsi ma mostrano come questo sia maggiore di quello degli altri alimenti di origine animale, che possono esserne considerati privi, e simile al grano. Gli insetti edibili possono essere considerati generalmente poveri in sodio e talvolta calcio ma ricchi in zinco, ferro, potassio e magnesio.

Gli aspetti nutrizionali degli alimenti a base di insetti devono essere valutati con prudenza vista l’elevata variabilità dei dati riportati. Ci sono molte condizioni che influenzano la composizione centesimale del prodotto. La dieta che viene fornita è molto importante e potenzialmente modulabile in fase di allevamento.

Composizione centesimale di alcune specie di facile reperimento in Italia. Umidità sul tal quale. Proteine, lipidi, ceneri, fibra in % sulla sostanza secca.

Secondo una indagine di Coldiretti questa novità vede contrari ben il 54% degli italiani che considerano questi cibi estranei alla cultura alimentare nazionale, sono indifferenti il 24%, favorevoli il 16% e non risponde il 6%. Al di là della normale contrarietà degli italiani verso prodotti lontanissimi dalla nostra cultura alimentare, l’arrivo sulle tavole degli insetti solleva dei precisi interrogativi di carattere sanitario e salutistico ai quali è necessario dare risposte. L’8 ottobre l’Efsa ha di fatto equiparato gli insetti ad altre fonti di proteine animali  relegando i fattori di rischio a quelli connessi con il substrato (ovvero ciò di cui vengono nutriti) per esempio rifiuti di cucina e letame, dalla fase nel ciclo di vita nella quale gli insetti vengono raccolti, dalle specie di insetti, nonché dai metodi utilizzati per la loro successiva trasformazione. Dunque segnalando come indispensabile una regolamentazione nell’allevamento, ma non rilevando rischi intrinseci all’entomofagia.

I ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie hanno svolto attività di consulenza scientifica sul tema dei possibili rischi alimentari derivanti dal consumo di insetti affermando che le conoscenze attuali sui possibili rischi legati al consumo di insetti non sono ancora sufficienti a garantire pienamente il consumatore.

Sabrina Gatti